La Chiesa Cattolica e’ di sua natura Santa

La Chiesa Cattolica, la maggiore per numero di fedeli al mondo, e’ Santa.
LA CHIESA E’ UNA, SANTA, CATTOLICA E APOSTOLICA

Questa è l’unica Chiesa di Cristo, che nel simbolo professiamo: Una, Santa, Cattolica e Apostolica ». La Chiesa non se li conferisce da se stessa; è Cristo che, per mezzo dello Spirito Santo, concede alla sua Chiesa di essere una, santa, cattolica e apostolica, ed è ancora lui che la chiama a realizzare ciascuna di queste caratteristiche. Gesu’ Cristo stesso e’ il primo “martire”, morto per noi peccatori e “risorto” il terzo giorno, come aveva promesso.

La Bibbia – l’abbiamo già detto – contiene la rivelazione di Dio e testimonia l’intervento di Dio stesso nella storia. Poiché Dio ha ispirato la Sacra Scrittura rispettando gli autori dei singoli libri, occorre leggere oggi la Bibbia tenendo ben conto delle condizioni storico-culturali dell’epoca ìn cui furono redatti ì diversi testi sacri. E’ dunque importante conoscere la lingua originale in cui furono scritti i testi, studiare il testo originale, collocandolo all’interno di una corretta prospettiva culturale e storica. Una volta compreso e analizzato il testo, sarà possibile coglierne il significato più specificamente religioso: I’esegesi e’ proprio questo studio del testo finalizzato alla sua comprensione.
Accanto a questo approccio al testo biblico ne esiste un altro che mira a un significato ancora più profondo: esso si basa sulla interpretazione allegorica della Bibbia, nella convinzione che il testo sacro celì un messaggio e un significato reconditi che non possono essere colti a un primo esame e dunque sfuggirebbero alla semplice esegesi.

Comunque si voglia leggere la Bibbia, occorre sempre tenere presente che, trattandosi di un testo ispirato da Dio, solo lo Spirito Santo può guidare alla piena comprensione e alla corretta interpretazione di quanto contenuto nella Bibbia, senza mai dimenticarsi che la Sacra Scrittura contiene anzitutto un messaggio divino che è pienamente comprensibile solo in un’ottica di fede.

La Bibbia e’ un libro d’amore, di speranza, di carita’ e resta il libro piu’ venduto nel mondo. Coloro che nel corso della storia millenaria del Cristianesimo si siano macchiati di colpe, peccati e sangue, risponderanno direttamente a Dio nel giorno del Giudizio Universale, mentre i morti ammazzati, per causa della fede cristiana, sono da considerarsi “martiri”. Un elenco dei carismi dei Santi a cui la scienza non riesce a dare una spiegazione:

Descrizione dei carismi

“A uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue” (1Cor 12,8-10)
Come approfondimento di quanto riportato nella sezione Doni straordinari dello Spirito, segue un breve approfondimento sui carismi più comuni conferiti per il bene comune e per l’edificazione del popolo di Dio. Saranno descritti sia alcuni carismi “in senso stretto” che altri intesi “in senso largo”, come già differenziato nella sezione suddetta.
CARISMI LEGATI ALLA PREGHIERA:
– parlare in lingue d’angeli (glossolalia);
– parlare in lingue di uomini non conosciute dal soggetto (xenolalia);
– cantare in lingue d’angeli;
CARISMI LEGATI ALL’EVANGELIZZAZIONE:
– apostolato;
– profezia;
– interpretazione delle lingue;
– insegnamento;
– miracoli;
CARISMI LEGATI ALL’ESERCIZIO DELLA CARITA’:
– intercessione;
– guarigione;
– fede;
– assistenza;
– governo;
CARISMI LEGATI ALLA COGNIZIONE SPIRITUALE:
– discernimento degli spiriti;
– parola di conoscenza;
– parola di sapienza.
Il dono delle lingue
E’ un carisma che lo Spirito Santo conferisce per l’edificazione personale (cfr. 1Cor 14,4).
Chi parla in lingue emette suoni che non si intendono (nel caso della GLOSSOLALIA), il suo messaggio è incomprensibile (cfr. v. 2.9); però, sotto l’impulso dello Spirito, sta parlando con Dio e dicendo cose misteriose (cfr. v. 2).
Quando uno prega in lingue, è il suo spirito che prega, non la sua mente (cfr. v. 14) e, sotto la guida dello Spirito, sta benedicendo Dio e donandogli eccellentemente grazie (cfr. vv. 16-17). Appartiene a questo dono anche il cosiddetto “canto in lingue” (cantare in lingue d’angeli), che non è altro che un canto melodico ed aconcettuale che tutti gli oranti intonano all’unisono durante la preghiera. Questo tipo di canto può essere paragonato al canto degli angeli che stanno sempre al cospetto di Dio per lodarlo ed adorarlo. La presenza e l’azione dello Spirito, uniforma e guida il canto del singolo per ottenere una melodia globale veramente sorprendente ed affascinante.
Esiste poi il caso in cui la preghiera avviene in una lingua reale ma sconosciuta e mai appresa dal soggetto orante (è il caso della XENOLALIA o XENOGLOSSIA). In questo caso possono manifestarsi linguaggi remoti (aramaico, ebraico antico, siriaco, latino, ecc.), oppure lingue correnti di qualunque paese.
Colui che riceve un messaggio profetico in lingue, può farlo a voce alta, se è presente qualcuno in grado di interpretarlo (come ad esempio nelle grandi riunioni di preghiera), altrimenti, preghi in silenzio con se stesso e con Dio (cfr. v. 28). Affinché la sua orazione o il suo messaggio edifichi la comunità, è bene che chieda il dono di interpretazione (cfr. v. 13).
A proposito del dono delle lingue è utile ricordare quel testo della lettera ai Romani:
Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio (Rm 8,26-27).
Da tutto ciò si deduce che il dono delle lingue è, prima di tutto, un “dono di orazione”. Il carismatico è mosso dallo Spirito Santo ad entrare in comunicazione personale con Dio, per lodarlo e benedirlo e per dargli grazie in un modo eccellente. Risulta molto utile anche per pregare sugli altri, affinché sia lo Spirito stesso a domandare ed al contempo concedere le grazie che ritiene più opportune per il beneficiario della preghiera (intercessione, guarigione, liberazione, ecc.)
Può accadere, però, che il carismatico si senta ispirato a comunicare un messaggio “in lingue” all’assemblea riunita in preghiera. A questo proposito sorge un problema, perché il glossologo (colui che parla in lingue) emette suoni che non si capiscono e il suo linguaggio è pertanto incomprensibile.
Quindi, in questa situazione concreta -insegna Paolo- sono preferibili, per l’edificazione della comunità, le parole chiare di chi ha il dono di profezia e non i suoni incomprensibili del glossologo. Per questo l’Apostolo dice: Grazie a Dio, io parlo con il dono delle lingue molto più di tutti voi; ma in assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue (1Cor 14,18-19).
E più avanti, nei vv. 23-25, Paolo consiglia che quando “si riunisce tutta la Chiesa”, è meglio profetizzare che parlare in lingue, poiché con la profezia, che è un discorso comprensibile, anche gli infedeli o i non iniziati che entrano e ascoltano, saranno toccati nel loro cuore eprostrandosi, adoreranno Dio esclamando: veramente sta Dio in mezzo a loro.
Il dono della profezia
Profezia non vuol dire necessariamente predizione del futuro, ma in genere si tratta di un messaggio di esortazione, d’incoraggiamento che Gesù vuole comunicare all’assemblea, o a qualche presente con problemi particolari che lo tengono in ansia.
Spesso accade che uno del gruppo si sente spinto a dire delle parole che non vengono dalla mente (non sono pensieri formulati precedentemente), ma delle frasi che gli piovono sulla lingua non si sa da dove. Vengono ad una ad una: man mano che il soggetto pronunzia a voce alta la prima, riceve la seconda, e così di seguito; ma in partenza egli non sa che cosa vuole dire, lo saprà solo alla fine quando avrà detto tutto il messaggio. Perciò è necessaria anche una buona dose di fede e coraggio.
La “profezia” è in definitiva un carisma in virtù del quale la persona inspirata, (uomo o donna cfr. 1Cor. 11,5), in nome di Dio e mossa dallo Spirito, parla all’assemblea per edificarla, esortarla ed animarla (v.3).
E’ un carisma che serve per edificare la Chiesa e, pertanto, è un dono per Il bene comune (v.4b).
La profezia serve, inoltre, per rivelare il mistero del disegno salvifico di Dio (cfr. Ef 3,5), manifestare la sua volontà nelle circostanze presenti e svelare i sentimenti più profondi del cuore per svegliare l’adorazione a Dio e riconoscere la sua presenza divina nella comunità (cfr. vv.24-25).
Qualche volta, il profeta riceve anche una luce particolare e predice il futuro (cfr. At 11,28; 21,11).
In altri casi la profezia viene comunicata ai presenti in una lingua sconosciuta (profezia in lingue). In questo caso l’assemblea attende in silenzio che lo Spirito Santo dia a qualcuno il dono dell’interpretazione. Dopo poco infatti qualcuno ottiene la grazia di decifrare il messaggio nella lingua che tutti conoscono.
Accade anche spesso che a qualcuno viene rivelato lo stato d’animo di qualche persona presente nel gruppo, o qualche situazione anormale. Egli comunica a voce alta all’assemblea quanto lo Spirito gli rivela senza che sappia a chi sono dirette le sue parole. I destinatari si riconoscono inequivocabilmente come i soggetti del discorso.
Per il dono di profezia Paolo ci ricorda che: “Se uno di quelli che sono seduti riceve una rivelazione, il primo taccia” (1Cor 14,30).
Perché, spiega Paolo, tutti infatti potete profetare, uno alla volta, perché tutti possano imparare ad essere esortati. Ma le ispirazioni dei profeti devono essere sottomesse ai profeti, perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace (1Cor 14,31-33).
In altre parole, l’autentico profeta, sotto l’impulso dello Spirito, non perde né il controllo di se né la sua libertà e può regolare l’esercizio del suo carisma.
Queste avvertenze dell’Apostolo sono decisive per giudicare l’autenticità dei carismi e per dare una regola al loro uso nelle riunioni di preghiera. Se qualcuno viola l’ordine dell’assemblea o non ubbidisce a chi la presiede sotto il pretesto di essere ispirato, il suo carisma non è autentico, non si tratta di un dono di Dio.
Nei versetti 37-38 parla dell’autorità apostolica: Chi ritiene di essere profeta o dotato di doni dello Spirito, deve riconoscere che quanto scrivo è comandato del Signore; se qualcuno non lo riconosce neppure lui è riconosciuto.
L’Apostolo è il rappresentante del Signore e opera nel suo nome. Il “carismatico”, se è mosso veramente dallo Spirito, sa obbedire. L’obbedienza è il segnale di un carisma autentico.
Se colui che si crede ispirato non obbedisce, i suoi carismi sono una pura illusione; per di più, “non è riconosciuto da Dio”.
Paolo conclude alludendo nuovamente ai carismi della profezia e delle lingue e sintetizza il suo insegnamento nel modo seguente: Dunque, fratelli miei, aspirate alla profezia e, quando al parlare con il dono delle lingue, non impeditelo. Ma tutto avvenga decorosamente e con ordine (1Cor 14,39-40).
Il dono dell’interpretazione delle lingue
Questo si manifesta in concomitanza con i messaggi in lingue di varia natura (profezie, parole di conoscenza, esortazioni, ecc.), che lo Spirito comunica all’assemblea.
Gesù, insieme al messaggio diretto alla comunità o al singolo, fornisce anche l’interpretazione della lingua o del canto utilizzato.
L’interpretazione non è la traduzione letterale del messaggio in quanto serve solo a dare il senso, per evitare di soffermarsi sugli aspetti linguistici e lessicali della lingua utilizzata
Il dono dell’interpretazione può essere dato alla stessa persona che ha riferito il messaggio in lingue, come ad un’altra o più di una. In quest’ultimo caso è sorprendente vedere come uno si ferma all’improvviso, senza neanche aver terminato il periodo e l’altro attacca dove era rimasto il primo.
Succede anche che, negli incontri di preghiera dove ci sono cattolici e protestanti insieme, questi ultimi ricevano l’interpretazione di messaggi contrari alla loro teologia, come per esempio, inni di lode alla verginità di Maria o al suo immacolato concepimento.
A proposito del dono di interpretazione Paolo ci suggerisce: Chi parla in lingue preghi per avere il dono di saperle interpretare (1Cor 14,13).
Il dono delle guarigioni
Per quanto riguarda questo carisma fare riferimento anche a quanto descritto nelle sezioni relative alla Liberazione e alla Guarigione.
In più è necessario dire che, sebbene Dio abbia dato la facoltà ad ogni cristiano pieno di fede di guarire i malati, esistono tuttavia delle persone che sono state scelte in maniera particolare per diventare “specialisti” in questa pratica. Costoro vengono infatti utilizzati da Dio come un canale di trasmissione della potenza guaritrice dello Spirito Santo. Ecco che, chi ha ricevuto questo dono, sente l’invito e la necessità di pregare per una specifica persona mediante:
– divina ispirazione che indirizza verso il soggetto (anche in mezzo ad un’assemblea molto numerosa);
– forte ed irresistibile senso di calore alle mani (che termina solo dopo la preghiera fatta sul malato);
– improvviso dolore in una specifica parte del corpo quando si è in prossimità del malato (Dio permette così di individuare la zona malata);
– visualizzazione mentale della malattia o handicap per il quale pregare.
L’imposizione delle mani sul malato aumenta le probabilità di guarigione dello stesso, come ci attesta Gesù nel Vangelo (Mc 16,17-18).
La guarigione è spesso accompagnata dalla proclamazione dell’evento da parte di qualche persona che in quel momento è investita dallo Spirito Santo. Durante le grandi preghiere carismatiche si sente sovente pronunciare frasi di questo tipo: “il Signore sta guarendo una persona che da anni era inferma sulla sedia a rotelle, essa avvertirà un formicolio ed un calore alle gambe dopodiché potrà alzarsi e camminare…”
Intenso calore e formicolio sono infatti i sintomi più comuni che annunciano l’azione sanante e vivificante di Gesù nell’assemblea.
All’interno del dono di guarigione possiamo comprendere anche quello di liberazione dagli influssi diabolici, che costituisce di fatto una sorta di guarigione spirituale.
Ecco che questi fratelli con la semplice imposizione delle mani sull’oppresso scatenano forti reazioni da parte degli spiriti maligni che si sentono toccati e allontanati dal potente tocco dello Spirito Santo. Non sono infrequenti fenomeni quali: cambi di voce, urla, aggressività, bestemmie, vomito, perdita di sensi, ecc.
Chi possiede un autentico dono di liberazione può avere (anche in relazione alla santità personale) più autorità e potere sui demoni dell’esorcista stesso.
Le preghiere utilizzate, sia nel caso della guarigione che della liberazione, possono essere tradizionali, spontanee oppure in lingue.
Il dono dei miracoli
Questo tipo di dono si estende agli eventi al di fuori della vita personale e delle leggi del creato.
San Paolo nel fare la lista dei carismi, include anche questo, però non lo considera come il più grande, ma come uno dei tanti, comunissimo, come gli altri, presso i cristiani di Corinto (1Cor 12,4-11).
Oggi esso è invece considerato una cosa rarissima e pressoché scomparsa o impossibile. Anche fra i credenti esiste una sorta di riserva nei confronti di un evento che è facilmente accettabile nel Vangelo e nella vita di qualche santo, ma non nella vita di qualche vicino di casa che potrebbe tuttavia aver ricevuto questo dono.
Eppure la convinta e coraggiosa predicazione del Vangelo da parte di molti è stata spesso accompagnata da forti conferme e manifestazioni da parte di Dio. Sono infatti documentati episodi di persone che hanno attraversato a piedi asciutti dei fiumi profondi, che hanno moltiplicato il pane, che hanno cambiato l’acqua in vino, e che hanno perfino resuscitato morti.
Il problema legato allo scetticismo nei confronti della possibilità di fare miracoli, è legato al fatto che spesso consideriamo la Bibbia come una storia sulla potenza di Dio, senza considerare il fatto che questa potenza possiamo riceverla e viverla anche noi in prima persona se crediamo fermamente in Gesù (cfr. Gv 14,12; Mt 17,20; Mc 9,23).
Rispetto al passato, il dono dei miracoli è diventato più raro anche perché abbiamo perso il senso del soprannaturale e siamo stati sopraffatti dal materialismo e dall’attaccamento a ciò che è puramente e naturalmente visibile. Infatti, se a livello della vita naturale il miracolo può sembrare un evento eccezionale, visto nel piano soprannaturale, appare come un elemento normale ed essenziale.
Gli Apostoli presero alla lettera le parole e le promesse di Gesù e fecero i miracoli come Lui e più di Lui. Negli Atti si legge infatti che la stessa ombra di Pietro guariva gli ammalati, il che, nei Vangeli, non si dice di Gesù.
I cristiani di oggi hanno paura di prendere sul serio le promesse di Gesù; esse suonano troppo strane ed irreali alla loro mentalità. Stentano ad ammettere ogni eccezione o sospensione delle leggi della natura.
Il Rinnovamento Carismatico vuole ricordare a tutti che le promesse di Gesù riportate nel Vangelo non sono soltanto parole. Infatti questo dono, anche se può essere individuale, è più spesso elargito alla comunità.
Il dono della fede
La fede può essere presente in una persona come virtù o come carisma.
Nel primo caso si tratta dell’adesione alle verità rivelate da Dio, per la solo fiducia in Colui che ce le ha rivelate. Senza alcuno sforzo, quasi istintivamente, si vedono tutti gli avvenimenti della vita alla luce di Dio senza sentirsi influenzati dai giudizi mondani, dalle credenze o dalle dicerie della società. Questo è già di per sé un grande dono poiché porta il credente ad indirizzare la propria vita verso la sfera divina e soprannaturale, senza la necessità di vedere Dio stesso.
Fede significa anche fiducia alle promesse di Cristo ed abbandono totale a Dio ed alla sua provvidenza.
Dio ha preparato un piano per ciascuno di noi; non dobbiamo pianificare la nostra vita, ma semplicemente scoprire questo piano ottimale, accettandolo e cooperando con tutte le nostre forze alla sua attuazione. Il Signore non ce lo mostra tutto dal principio, perché vuole che viviamo di fede. Il bambino che va in auto con suo padre non conosce la destinazione, ma è tranquillo e fiducioso perché si fida di lui che non lo porterà in un luogo cattivo. Dunque l’indicatore della nostra santità è la fede.
La norma di vita alla quale ognuno di noi dovrebbe aderire è contenuta in un brano di Matteo:
Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta (Mt 6,25-33).
Dovremmo imparare a credere contro l’incredibile, anche quando tutte le circostanze vanno contro questo atto di fede, senza chiederci in quale modo il Signore potrà venirci incontro, sapendo che le Sue vie sono diverse dalle nostre, misteriose ed imprevedibili.
La virtù della fede, comune a tutti i cristiani in diversa misura, differisce dal dono della fede menzionata da Paolo: Ad un altro è dato il dono della fede (1Cor 12,9).
Quest’ultimo infatti è un dono soprannaturale dello Spirito Santo che viene dato in circostanze particolari per compiere le opere di Dio. In pratica, l’uomo avverte in se stesso, con assoluta certezza, che il Signore per mezzo suo sta per operare un prodigio. Questa rivelazione interiore lo spinge ad agire con risolutezza, anche contro le circostanza contrarie che sono intorno a lui, come se egli vedesse come già avvenuto quel che sta per accadere. Egli non solo crede che Dio può fare il tal prodigio, ma che certamente lo farà, anzi che lo ha già fatto. Con la stessa sicurezza Pietro disse allo storpio sulla porta del tempio Nel nome di Gesù Nazareno, alzati e cammina (At 3,6),o quando risuscitò il corpo di Tabita dicendole: Alzati! (At 9,40). Così fece anche Paolo, buttandosi sul corpo di Eutico, lo abbracciò e gridò alla folla: Non tumultuate perché è vivo(At 20,10).
Si nota perciò che il dono della fede è spesso connesso ad altri, in particolare a quello della guarigione e dei miracoli.
Il dono del discernimento degli spiriti
San Paolo lo elenca nella lista dei carismi: Ad un altro è dato il discernimento degli spiriti (1Cor 12,10).
Discernere significa distinguere tra cose diverse e contrarie. Tuttavia non si tratta di un giudizio o un’opinione che formuliamo sulla bontà o cattiveria di persone od eventi visti alla luce della nostra fede o delle nostre conoscenze. Non è una conclusione dettata dalla nostra competenza o dalla nostra intuizione. E’ invece un dono soprannaturale, datoci dallo Spirito Santo, in determinate circostanze, che ci rende capaci di giudicare se, in una data persona o in un certo ambiente, vi è lo Spirito di Dio che agisce o vi sono invece degli spiriti maligni. E’ il dono che ci apre gli occhi sul mondo dell’invisibile, dove agiscono buoni e cattivi spiriti. E’ un’illuminazione soprannaturale che ci mostra l’origine profonda di certi fenomeni misteriosi umanamente inesplicabili. Non è quindi un giudizio temerario o sospetto che pronunciamo sulle persone magari basandosi sugli atteggiamenti ed i comportamenti esteriori. La stessa espressione “discernimento degli spiriti” dice chiaro che abbiamo a che fare con gli spiriti, non con gli uomini e la loro condotta. Non vengono quindi pronunciati giudizi su talune manifestazioni esterne, ma veniamo a conoscenza dell’origine di queste manifestazioni. Non vengono giudicati gli uomini, ma quel che negli uomini è da Dio, o falsamente pretende di esserlo. Un celebre esempio riguarda Paolo durante la sua evangelizzazione: Mentre andavamo alla preghiera, venne verso di noi una giovane schiava, che aveva uno spirito di Divinazione e procurava molto guadagno ai suoi padroni facendo l’indovina. Essa seguiva Paolo e noi gridando: Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la via della salvezza. Questo fece per molti giorni finché Paolo, mal sopportando la cosa, si volse e disse allo spirito: In nome di Gesù Cristo ti ordino di partire da lei». E lo spirito partì all’istante (At 16,16-18).
Si nota facilmente che, sebbene la schiava stesse dicendo alle persone di ascoltare Paolo perché vero servo di Dio, egli riconosce in costei l’ispirazione di uno spirito maligno e, nonostante le parole veritiere, lo obbliga ad uscire ed andarsene. Il giudizio umano privo del dono di discernimento, sarebbe giunto a ritenere i discorsi della donna come provenienti da Dio, quando in realtà si trattava di Satana.
Il discernimento possiamo considerarlo come il guardiano degli altri doni. Infatti è li pronto a proteggere la genuinità dei doni dello Spirito dalle possibili falsificazioni o camuffamenti che può creare il Demonio.
Satana infatti è esperto ad imitare i doni dello Spirito Santo e a presentarli, con sottile astuzia, come autentici. Egli sa presentarsi come angelo di luce anche ai santi.
Ecco che lo Spirito viene in nostro aiuto col dono del discernimento degli spiriti per farci vedere dove sono la verità e l’errore in un libro o in un discorso, dove sono il grano e la zizzania in una comunità, dove sono gli agnelli e i lupi vestiti da agnelli, dove sono i veri e falsi discepoli, dove sono la vera pace e la gioia dello Spirito e dove la gioia artificiosa ed i disagio nervoso e opprimente creato da Satana.
Basta una sola persona che non è in pace con Dio per creare un clima pesante ed opprimente in una riunione carismatica di preghiera. Qualche volta qualcuno dei presenti, attraverso il dono di discernimento, individua la persona o le persone che sono causa di disturbo e di turbamento.
Celebri sono anche i casi di alcuni santi, come San Filippo Neri e Don Bosco, che a contatto con certe persone incallite nei vizi sentivano anche un fetore insopportabile.
Più si è vicini a Dio, più si vive la vita dello Spirito Santo e più si diventa sensibili all’azione perversa degli opposti spiriti maligni.
Essendo il vero guardiano dei carismi, il discernimento degli spirito ha soprattutto la funzione di segnalarci il vero e il falso dono delle lingue, le vere e le false profezie, le vere guarigioni operate da Gesù e le false guarigioni operate da Satana, le malattie dovute a cause naturali e quelle che hanno origine diaboliche.
Il dono della parola di conoscenza
Con il termine conoscenza non si intende in questo caso tutto ciò che riguarda il bagaglio umano di cultura appreso mediante lo studio, l’intelligenza o gli sforzi di volontà. Neanche la conoscenza di Dio che possiamo acquistare mediante lo studio della teologia o della filosofia.
Questo è un dono che arriva all’intelligenza per rivelazione diretta da parte dello Spirito Santo. In San Paolo viene chiamato “linguaggio” o “parola di scienza”. Quindi si intende una conoscenza intellettuale, interiore, non necessariamente espressa a parole. Una conoscenza che è entrata nel pensiero, non attraverso le vie normali del ragionamento o della percezione, ma per mezzo di una rivelazione. Si tratta di una rivelazione soprannaturale relativa a situazioni, fatti, eventi passati, presenti, o futuri che non siano conosciuti con mezzi umani. E’ un frammento dell’onniscienza di Dio, rivelato alla nostra intelligenza, relativo ad un fatto determinato. Una diagnosi che Dio fa di un fatto, di un problema, di uno stato d’animo, di una situazione, e che comunica alla nostra mente.
In particolare, questo dono ci rende capaci di comprendere il significato profondo della Sacra Scrittura, attraverso un’illuminazione soprannaturale sui pensieri di Dio che sono sotto le parole ispirate. Immerge la nostra intelligenza entro le verità divine senza la fatica del ragionamento.
Questo dono del linguaggio della scienza non s’identifica col dono della scienza in genere: uno dei sette doni ordinari dello Spirito Santo che s’accompagnano con l’infusione della grazia divina. Quest’ultimo infatti è quel dono che ci fa giudicare rettamente delle cose create nelle loro relazioni con Dio, ci mostra l’aspetto vero e reale delle creature, così come sono agli occhi di Dio. Il linguaggio della scienza invece è una rivelazione particolare e momentanea su di un fatto singolo e determinato. Non s’identifica neanche col dono della profezia, in quanto quest’ultima è un messaggio espresso con parole che non sempre vengono capite da chi le proferisce. Il linguaggio della scienza invece è una rivelazione interiore che viene ben compresa da chi la riceve.
Infine, non s’identifica col dono del discernimento degli spiriti, perché quest’ultimo s’indirizza verso determinati soggetti, cioè i soli spiriti, mentre il linguaggio della scienza è aperto verso qualsiasi direzione.
Comunque, trattandosi di sottili sfumature, è facile che questi tre doni vengano scambiati l’uno per l’altro.
Ecco qualche esempio di dono del linguaggio della scienza nella Sacra Scrittura: al profeta Natan viene rivelato il peccato di Davide con Betsabea; al profeta Eliseo viene mostrato in visione il luogo dove erano gli accampamenti dei nemici, salvando così il popolo di Dio. Anche Gesù esercitò questo dono. Svelò i peccati al paralitico, la vita passata alla donna di Samaria, vide Natanaele sotto il fico, ecc.
Non pochi santi hanno avuto il dono del linguaggio della scienza. Il Santo Curato d’Ars, ad una donna che piangeva disperatamente per la sorte eterna del marito che si era buttato da un ponte, disse: “Tuo marito si è salvato perché ha chiesto perdono dei suoi peccati prima di toccare il suolo”.
Oggi questo dono è riapparso fortemente nei gruppi carismatici. L’annuncio di una guarigione che si sta compiendo su una specifica persona è un tipico esempio d’applicazione del dono.
In genere questo dono va insieme con il dono del linguaggio della sapienza.
Il dono della parola di sapienza
Ad uno è dato il linguaggio della sapienza (1Cor 12,8)
Questo nono carisma, che S. Paolo pone in testa alla lista, non è altro che l’applicazione pratica e la retta utilizzazione del dono della conoscenza.
Col dono della conoscenza, infatti, ci viene esposto il quadro della situazione; col dono della sapienza il Signore ci rivela quale deve essere il nostro comportamento nella specifica situazione.
Il dono della conoscenza è una pura informazione soprannaturale; il dono della sapienza suggerisce lo sviluppo pratico che ne deve seguire.
Col dono della conoscenza lo Spirito Santo ci fa vedere, col dono della sapienza ci muove ad agire.
La conoscenza ci dà, per dir così, il materiale grezzo; la sapienza lo adopera per la costruzione.
È un dono di Dio; quindi non è quella sapienza umana che è frutto d’intelligenza e di esperienza consumata. È una manifestazione dello Spirito; perciò non è abilità umana, o quella che è sinonimo di scaltrezza, furbizia, tatto, diplomazia.
Anche il dono del linguaggio della sapienza si distingue dal dono comune della sapienza. Quest’ultimo infatti è il dono che ci fa assaporare Dio e le cose divine nei loro più alti principi e ce li fa gustare; o più semplicemente è il gusto delle cose di Dio.
Il linguaggio della sapienza invece è un dono dato dallo Spirito per affrontare una situazione particolare, un aiuto ad agire rettamente, una rivelazione su come comportarsi nell’attuazione di un piano di Dio, già conosciuto per mezzo del dono della scienza.
È il dono, promessoci da Gesù, che pone sulla nostra bocca le risposte esatte, quando siamo trascinati davanti ai tribunali per cagione sua. Allora non dobbiamo preoccuparci che cosa dire perché sarà lo Spirito che parlerà in noi (Mt 10,19-20).
È il dono che ci viene dato quando dobbiamo difendere la verità dagli attacchi di ogni genere.
È il dono che ci viene in aiuto quando ci sono da prendere decisioni difficilissime o da risolvere problemi ardui. Così venne in aiuto al re Salomone quando dovette giudicare tra due donne quale fosse la vera madre del bambino vivo. Così venne in aiuto agli Apostoli quando dovettero scegliere i sette diaconi pieni di Spirito Santo e sapienza (At 6,3).
E’ un dono negato ai superbi e riservato agli umili: Ti rendo grazie, o Padre … perché hai nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai svelate agli umili (Lc 10,21).
Oggi, col sorprendente risveglio dei carismi nella Chiesa, pare che lo Spirito Santo stia di nuovo scegliendo le persone più umili e ritenute buone a nulla, per rivestirle dei suoi doni e soprattutto di sapienza, onde confondere i superbi, troppo pieni di sé e vuoti di Dio.
Oltre a questi doni ritenuti più “spettacolari”, Paolo ne elenca altri che, sebbene meno vistosi, rivestono tuttavia un’importanza fondamentale tanto che vengono posti prima di alcuni di quelli presentati sopra:
Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi vengono i miracoli, poi i doni di far guarigioni, i doni di assistenza, di governare, delle lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti operatori di miracoli? Tutti possiedono doni di far guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? Aspirate ai carismi più grandi! (1Cor 12,28-31).
Il dono dell’apostolato
Questo dono è relativo all’annuncio missionario del Vangelo. Il termine apostolo (apostolos), viene da apostelo (inviare) ed è usato da Paolo tre volte per l’invio di uomini a predicare. Tuttavia Paolo non identifica mai questi apostoli coi dodici nominati da Gesù, poiché il carisma dell’apostolato al quale si riferisce ha un significato più ampio. Si riferisce agli evangelizzatori itineranti che annunciano il Vangelo, missionari che, dotati di capacità particolari, arrivavano al cuore delle persone e fondano nuove comunità cristiane locali (cfr. At 14,4-14; At 15,40; At 16,1-3; At 18,24-28; Rm 16,7; 1Cor 1,12; 2Cor 8,23; Tm 1-2; Tt 1-3).
Il dono dell’insegnamento (catechesi)
La parola che appare in Corinzi per definire questo carisma è “didaskaloi” cioè: dottore, maestro. Esso si trova al terzo posto nella lista dei doni carismatici dopo gli apostoli ed i profeti.
I didaskaloi erano i cristiano maturi che istruivano gli altri sul significato e le conseguenze morali dell’adesione alla fede (cfr. Gal 6,6), quello che comportava un nuovo stile di vita. Questi maestri possono chiamarsi ed essere identificati negli attuali “catechisti” in quanto introducevano i neofiti che avevano già avuto l’annuncio, nell’apprendistato della conoscenza del mistero cristiano che considerava la fede e la vita morale.
Il dono dell’assistenza
Il temine “assistenza” è usata in particolare nei papiri del tempo dei Tolomei ed ha il significato di difesa o soccorso dati per un’autorità superiore. Nel nostro caso indica l’aiuto e l’esprimere la carità al servizio della comunità. Questo dono di assistenza può essere anche identificato come dono di servizio al prossimo.
Il dono di governare
Il dono del governo è il carisma di quelli che hanno la funzione di governare nella comunità (Vescovi, presbiteri, dirigenti vari, ecc.). E’ un’autorità che va intesa non come dominio sugli altri ma come ordine gerarchico di governo per l’indirizzamento, la guida ed il beneficio altrui.
Fonte: Don Serafino Falvo “Il risveglio dei carismi”

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